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Il rapporto “mafie nel Lazio” 2022

E’ stato presentato il nuovo rapporto a cura della Regione Lazio, che muove dalle principali inchieste giudiziarie sulle organizzazioni criminali nella nostra regione nel periodo che va dal 2020 al primo semestre 2022. Nelle indagini emergono con maggiore chiarezza alcune caratteristiche sulla dinamicità delle famiglie mafiose: un’evoluzione storica del modello, un salto di qualità nell’agire delle mafie tradizionali nel Lazio che va dalla “testa di ponte”, ossia dal mero investimento in attività commerciali, alla delocalizzazione delle strutture criminali, fino alla stabilizzazione della cellula con l’importazione nel Lazio del metodo mafioso, come dimostra la scoperta della prima “locale” di ‘ndrangheta istituita all’interno della città di Roma come propaggine della mafia calabrese. Ma soprattutto il Rapporto contribuisce a confutare la credenza che il territorio romano e laziale sia immune dal radicamento delle cosche mafiose e rappresenti tutto al più solo luogo di investimento di capitali illeciti e non. Ricordando che nel Lazio stanno arrivando risorse per oltre 17 miliardi di euro da Pnrr e fondi europei, e, come ripetutamente hanno denunciato magistratura e forze dell’ordine, il rischio di un’aggressione mafiosa è altissimo. (AMBM)

Scarica il VI e VII Rapporto Mafie nel Lazio

In calce l’introduzione di Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio e Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio e la presentazione dal sito della Regione Lazio e(AMBM)

MAFIE NEL LAZIO – VI e VII Rapporto

INTRODUZIONE

Di Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio
e Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio

[il grassetto è di Carteinregola]

Quest’anno, eccezionalmente, pubblichiamo due Rapporti “Mafie nel Lazio”, il VI° e il VII° relativi agli anni 2020/ 2021 e primo semestre 2022. Due nuovi importanti contributi di analisi che arrivano in un momento che coglie la nostra comunità in una condizione di grande vulnerabilità rispetto all’aggressione della criminalità organizzata. Non c’è dubbio, infatti, che la crisi sanitaria scatenata dal Covid e le sue drammatiche conseguenze economiche e sociali associate alla crisi energetica abbiano già aperto nuovi spazi per la criminalità organizzata, con grandi opportunità di reinvestire i capitali sporchi nell’economia legale e un generale rafforzamento del potere di ricatto criminale su una comunità impaurita e impoverita. Ecco perché, oggi più che mai, dobbiamo essere uniti e fare muro, intervenendo concretamente sulle disuguaglianze sociali, sulle distanze crescenti tra centro e periferie; su tutte quelle forme di disagio che rappresentano da sempre il terreno più fertile per ogni organizzazione criminale.

La pubblicazione del doppio Rapporto coincide anche con il trentesimo anniversario delle stragi mafiose del 1992 e con il quarantesimo anniversario degli omicidi mafiosi di Pio La Torre e del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Giovanni Falcone, Paolo Borsellino Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina hanno sacrificato la loro vita per contrastare la criminalità organizzata di stampo mafioso. Persone con ruoli diversi, ma unite nel valore della Costituzione e del bene comune come il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e Pio La Torre che ricordiamo nel quarantesimo del loro omicidio insieme a Emanuela Setti Carraro, Domenico Russo e Rosario di Salvo.

Ognuno di loro ha rappresentato un seme. Al contrario di quanto i mafiosi speravano, la conseguenza di quegli attentati è stato la forte diffusione di una mentalità nuova, di consapevolezza e di rifiuto del fenomeno mafioso. Anche grazie a quella fondamentale spinta popolare, l’Italia ha compiuto grandi passi avanti nella lotta alle mafie. Negli anni, sono state affinate le tecniche investigative, sono state varate, seguendo anche l’intuizione di uomini illuminati e spesso vittime delle mafie, leggi efficaci come la legge Rognoni-La Torre che ha introdotto il reato di associazione mafiosa e colpisce duramente i patrimoni mafiosi o quella sul riuso sociale dei beni confiscati voluta fortemente da Libera. Un impianto legislativo che va difeso con fermezza dai tentativi affievolirne l’efficacia.

L’eredità di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, di Pio La Torre e del Generale dalla Chiesa e di tutte le vittime innocenti di mafie è monumentale e straordinariamente impegnativa. Va custodita con cura, e sottratta alla retorica della ritualità, che è l’insidia più pericolosa in ogni celebrazione.

Del resto, noi veniamo giudicati sulla base non della bellezza delle nostre parole, ma della coerenza dei nostri comportamenti onorando tutti i giorni i loro insegnamenti che hanno indicato e indicano ancora oggi – a tanti anni di distanza – la necessità di un movimento di rinnovamento culturale e morale del Paese.

Nessuna zona grigia, nessuna omertà né tacita connivenza: o si sta contro la mafia o si è complici dei mafiosi. Non vi sono alternative.
La mafia teme, certamente, le sentenze dei tribunali. Ma vede come un grave pericolo per la sua stessa esistenza la condanna da parte degli uomini liberi e coraggiosi e la breccia che essi fanno tra le persone.

Le mafie sono ancora forti e presenti non solo nelle regioni di origine, ma in tutto il Paese, compreso il Lazio. Controllano attività economiche, legali e illegali, tentano di dominare pezzi di territorio, cercano di arruolare in ogni ambiente, ricattano chi vive una condizione di difficoltà economica.

Le mafie sono la negazione dei diritti. Opprimono, spargono paura, minano i legami familiari e sociali, esaltano l’abuso e il privilegio, usano le armi del ricatto e della minaccia, avvelenano la vita economica e le istituzioni civili.
Lottare contro la mafia non è soltanto una stringente e, certo, doverosa esigenza morale e civile. È anche, quindi, una necessità per tutti: lo è, prima ancora che per la propria sicurezza, per la propria dignità e per la propria effettiva libertà. Una necessità per la società, che vuole essere libera, democratica, ordinata, solidale.

Per questo motivo, la lotta alle mafie riguarda tutti. Nessuno può dire: non mi interessa. Nessuno può pensare di chiamarsene fuori. È un compito che riguarda ciascuno di noi: nell’agire quotidiano, nei comportamenti personali, nella percezione del bene comune, nell’etica pubblica che riusciamo ad esprimere.

La repressione dell’illegalità è inseparabile anche dalla resistenza civile. Questo è stato l’orizzonte politico, giudiziario, di ordine pubblico, culturale, educativo, sociale del nostro impegno contro le mafie.
Quando nella primavera del 2014 abbiamo pubblicato il primo Rapporto, alle nostre spalle avevamo una realtà in cui si manifestava una ritrosia a parlare di mafie nella nostra regione, con alcune pregevoli eccezioni da parte di poche associazioni e comitati.
Si tratta di una sfida che ogni anno abbiamo provato a raccogliere e a resti- tuire in questa forma, quella del Report istituzionale, cercando di fornire una fotografia del contrasto alle mafie e all’illegalità di stampo mafioso nella regione con una particolare attenzione al fenomeno così come si manifesta nella Capitale.
In questi 10 anni molto è cambiato nella società della nostra regione, ma anche nel lavoro prezioso della Magistratura. Le indagini hanno fatto uno straordinario salto di qualità, delineando un modello investigativo di eccellenza grazie al coordinamento della Procura di Roma, che ha saputo dare vita alla “Squadra-Stato” con l’Arma dei Carabinieri, la Polizia di Stato, la Guardia di Finanza e la Dia. A tutti i magistrati, alle forze di polizia giudiziaria, ai loro collaboratori e agli agenti di scorta, va il nostro grazie più autentico. A loro, non a caso, sono dedicati tutti i nostri Rapporti, perché nel loro impegno, come cittadini e come rappresentati delle istituzioni, ci riconosciamo ogni giorno.

Quando 10 anni fa abbiamo intrapreso questa esperienza di monitoraggio del fenomeno mafioso nel Lazio ci siamo dati degli obiettivi e abbiamo scelto di definire in maniera chiara il perimetro del nostro lavoro, individuando un metodo che è diventato il tratto distintivo di questo documento. Due gli obiettivi principali: rendere maggiormente accessibile ai cittadini e alle istituzioni il contenuto dei documenti giudiziari prodotti sul fenomeno mafioso e provare a comprendere e descrivere le caratteristiche di questi fenomeni. Quello che state per leggere, dunque, non è un dossier giornalistico, né uno studio scientifico-accademico. È una relazione istituzionale della Regione Lazio arrivata alla sua settima edizione. Sette edizioni in 10 anni che danno il senso di una continuità sull’impegno della Regione Lazio nel contrasto alle mafie.

Fornire una relazione di una Istituzione come la Regione in merito alle organizzazioni criminali nel Lazio è un atto non scontato, ma a nostro avviso doveroso e indispensabile per una messa in condivisione dei saperi sulle mafie, primo passo per un’attività di contrasto politico-istituzionale al fenomeno criminale nei nostri territori. Il Rapporto prende in esame e rielabora solo materiali pubblici, noti alle parti in causa nei diversi procedimenti citati, fatta la doverosa premessa che apre il Rapporto: tutte le persone eventualmente citate sono da considerarsi innocenti sino all’ultimo grado di giudizio.

Nelle indagini prese in esame in queste due edizioni del Rapporto emergono sempre con maggiore chiarezza alcune caratteristiche che evidenzieremo nei capitoli seguenti sulla dinamicità delle famiglie mafiose: un’evoluzione storica del modello, un salto di qualità nell’agire delle mafie tradizionali nel Lazio che va dalla “testa di ponte”, ossia dal mero investimento in attività commerciali, alla delocalizzazione delle strutture criminali, fino alla stabilizzazione della cellula con l’importazione nel Lazio del metodo mafioso, come dimostra la scoperta della prima “locale” di ‘ndrangheta istituita all’interno della città di Roma come propaggine della mafia calabrese.

Lo scenario descritto in questo Rapporto aiuta a confutare che il territorio romano e laziale sia immune dal radicamento delle cosche mafiose e rappresenti tutto al più solo luogo di investimento di capitali illeciti e non, anche, di una presenza plurima e diversificata a carattere sicuramente non monopolistico. Non c’è infatti un soggetto in posizione di forza e quindi di preminenza sugli altri, ma sullo stesso territorio convivono e interagiscono diverse organizzazioni criminali: innanzitutto gruppi che costituiscono proiezioni delle mafie tradizionali, con la ndrangheta dotata senza dubbio di maggiore potenza militare ed imprenditoriale. Insieme a queste proiezioni sullo stesso territorio coesistono, inoltre, gruppi criminali autoctoni che danno vita a vere e proprie associazioni mafiose ma anche organizzazioni che, pur non rientrando nel profilo penale del 416 bis, sono egualmente pericolose perché accomunate dall’utilizzo del metodo mafioso. Si determina così un perverso scambio di utilità criminali tra gruppi mafiosi e criminali che si riconoscono e si rispettano reciprocamente. “Un sistema multilivello”: uno spazio descrittivo pensato per mettere nero su bianco i principali elementi che a nostro avviso caratterizzano l’azione dei clan nella Capitale e tengono in equilibrio questo sistema criminale, grazie ad una pax mafiosa siglata negli anni ’70, ad intermediari – “facilitatori” che hanno sempre garantito l’incontro fra la domanda e l’offerta di mafia e infine dall’ampia rete di corrotti e corruttori che attraversa a più livelli questi sistemi criminali. Riciclaggio, traffico di droga anche internazionale, investimento di capitali illeciti, gioco d’azzardo e usura, ma anche false fatturazioni ed evasione dell’Iva sono solo alcuni degli ambiti di azione delle mafie a Roma. E le loro relazioni con le mafie locali sono l’elemento che preoccupa molto per il moltiplicarsi dei reati e dei contesti criminali nella Capitale.
Dalla lettura dei nostri Rapporti emerge una dinamicità sorprendente su un territorio continuamente capace di generare forme criminali nuove.

Da un punto di vista strettamente criminale non poche periferie romane, delle quali sin dalla seconda edizione segnaliamo il rischio di un “controllo sociale” del territorio, stanno diventando lo spazio di sperimentazione di “nuovi modelli criminali” dei quali la gestione delle piazze di spaccio rappresenta un fondamentale strumento di contagio mafioso. La questione mafiosa chiama sempre in causa anche i diversi contesti sociali, politici ed economici nei quali i gruppi criminali operano e con i quali i loro membri interagiscono quotidianamente. Ecco perché parlare di mafie e piazze di spaccio non significa solo affrontare la dimensione criminale, ma cogliere la profondità di come è cambiata la condizione umana e sociale nelle periferie romane. Le inchieste di cui parliamo rivelano i vuoti e le solitudini delle nostre periferie, caratterizzate dalla debolezza dei corpi intermedi, dalla fragilità delle reti, dall’emergenza educativa, dalla disuguaglianza sociale, dall’assenza di partiti e forze sociali. Questo è un elemento cruciale su cui riflettere, che ci fa capire perché l’azione robusta della Magistratura e delle Forze di Polizia non può essere esaustiva nel contrasto alle mafie. Questa riflessione sulla questione criminale romana serve a riflettere quindi sulle radici di questi clan, sul loro collegamento con il tessuto socio-economico e sulle condizioni ambientali che ne hanno favorito o in taluni casi determinato l’evoluzione. Fatto singolare rispetto ad altri territori non a tradizionale presenza mafiosa. Si tratta di una specificità del territorio romano che è importante comprendere per poter agire sui piani della prevenzione e dell’intervento socio-politico sui territori, non lasciando però in secondo piano il rischio rappresentato quotidianamente dall’azione criminale nella Capitale da parte clan tradizionali.

Per questo, tra le azioni principali che la Regione Lazio ha promosso per contrastare le mafie c’è sicuramente quello del riutilizzo sociale dei beni confiscati. È questo il segno che la Regione Lazio insieme all’Asp “Asilo Savoia” ha voluto dare per esempio con la Palestra della Legalità a Ostia, con il Parco della Legalità a Romanina/Campo Romano e con la gestione della Polisportiva Montespaccato sequestrata al clan Gambacurta. Ma sono tanti gli esempi di rigenerazione nella Capitale e fuori, con il coinvolgimento delle associazioni, delle comunità: esperienze virtuose attorno alle quali si sta ricostruendo coesione e identità dei territori nel quale sono collocate.
Con questa nuova edizione del rapporto, nato anche stavolta dalla proficua collaborazione dell’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Legalità con vari Corpi dello Stato, abbiamo voluto dare innanzitutto dare un segnale di con- tinuità del lavoro fatto in questi 10 anni nella lotta e nel contrasto del feno- meno mafioso. Un obiettivo importantissimo che trova nel rapporto “Mafie nel Lazio” un pilastro fondamentale. Questo documento, infatti, costituisce uno straordinario strumento di lavoro e di analisi del fenomeno mafioso nel Lazio: uno studio che consente di analizzare le dinamiche, gli interessi, le diverse componenti che agiscono nella nostra regione e il grado di penetrazione degli affari delle mafie nei vari territori. Il rapporto ha anche un eccezionale valore di testimonianza, perché racconta l’evoluzione del fenomeno mafioso nel corso degli anni e conferma ancora una volta la dimensione del problema mafioso nella nostra regione, ma anche dell’efficacia dell’azione repressiva.

L’obiettivo di questo Rapporto è inoltre quello di contribuire a riconoscere di avere in casa un nemico così potente come le mafie, presupposto decisivo verso l’assunzione di una responsabilità politica e sociale in grado di ap- prontare tutti gli strumenti utili ad affrontare una battaglia difficile, ma non impossibile da vincere.

Per restringere lo spazio d’azione delle organizzazioni criminali, in questi anni abbiamo lavorato senza sosta, innanzitutto facendoci promotori di una grande mobilitazione civile e culturale contro le mafie, e quindi mettendo in campo azioni concrete per collaborare con le forze polizia e la magistratura nella lotta alla criminalità organizzata, partendo proprio dagli anticorpi nell’amministrazione regionale ai fenomeni corruttivi attraverso la riorganizzazione della macchina amministrativa e la sottoscrizione di Protocolli di Intesa con Anac, le Prefetture, Guardia di Finanza, Procura Generale, Dia e Dna.

Gli appalti pubblici costituiscono uno degli obiettivi di interesse strategico delle organizzazioni mafiose, in quanto consentono non solo di reinvestire, in iniziative legali, le ingenti risorse liquide provenienti dalle molteplici attività criminali, ma rappresentano un’ulteriore fonte di guadagni e un collaudato sistema di pulizia del denaro sporco, con il conseguente indebolimento del sistema delle aziende sane e dell’alterazione della libera concorrenza. Oggi, quando nel Lazio stanno arrivando miliardi di investimenti da Pnrr e fondi europei, come ripetutamente hanno denunciato magistratura e forze dell’ordine, il rischio di un’aggressione mafiosa è altissimo. Dobbiamo evitare le che le mafie mettano le loro mani sulle enormi risorse europee che stanno arrivando. Perché se ciò accadrà, rischiamo di vanificare un progetto di benessere e cambiamento indispensabile per ridare speranza al Paese.
Solo nel Lazio, nei prossimi anni arriveranno risorse per oltre 17 miliardi di euro. Con questa consapevolezza, assieme alla DIA e alla Direzione Nazionale Antimafia, lo scorso dicembre abbiamo firmato un accordo importantissimo per mettere in sicurezza i grandi investimenti in arrivo sul Lazio. Abbiamo aperto un canale diretto tra Regione, DIA e DNA per monitorare e controllare ogni centesimo dei fondi del Pnrr, della nuova programmazione europea 21-27 e del Piano Sviluppo e Coesione che arriveranno nei prossimi anni.

Per rendere operativo il protocollo, abbiamo costituito un ufficio ad hoc che ha un canale costantemente aperto con DIA e DNA.
Tutti devono sapere che nel Lazio chiunque partecipi a bandi e gare regionali sarà monitorato dalle massime autorità antimafia.

I 17 miliardi che arriveranno nel Lazio dovranno servire a cambiare la vita delle persone, a rendere l’Italia più giusta, più bella, più forte, più verde. Non ad arricchire le bande criminali.
Impedire l’infiltrazione delle mafie nel settore degli appalti e dei servizi pubblici, attraverso il monitoraggio, l’incrocio dei dati e la prevenzione cosi come previsto dal Protocollo costituisce un interesse sociale ed economico irrinunciabile. Si tratta di recidere quel circolo vizioso che alimenta le organizzazioni criminali per riciclare i capitali illecitamente accumulati proprio con l’aggiudicazione o l’affidamento di commesse pubbliche.

La presenza di organizzazioni criminali è favorita dall’area grigia dell’illegalità, dalla convinzione che si possa fare a meno di un rigoroso e costante rispetto delle regole. Mafia, illegalità, corruzione non sono sempre la stessa cosa, ma si alimentano a vicenda. Per battere il cancro mafioso bisogna affermare la cultura della Costituzione, cioè del rispetto delle regole, sempre e dovunque, a partire dal nostro agire quotidiano.

A conclusione della nostra azione di governo possiamo con orgoglio rivendicare le tantissime iniziative concrete che hanno collocato la Regione Lazio su un fronte avanzato della lotta alle mafie. Spazi liberati dalla criminalità organizzata e restituiti ai cittadini, sostegno ai Comuni e alle associazioni per il riuso sociale dei beni confiscati con il finanziamento di 78 progetti di ristrutturazione che arriveranno a 100 entro gennaio, raddoppio del Fondo Antiusura per l’assistenza alle vittime alle quali, unica regione in Italia, riconosciamo un sussidio a fondo perduto fino a 30.000 euro per chi denuncia i propri carnefici. E ancora tante iniziative di formazione, come la Summer School Antimafia, corsi per docenti di scuole medie superiori, per dirigenti e funzionari dei comuni sulla gestione dei beni confiscati oltre ai corsi sulle aziende sequestrate e con- fiscate rivolti a professionisti e giovani laureati. Centinaia gli incontri con associazioni di quartieri con forte presenza mafiosa ma soprattutto con le scuole di tutta la regione a cui hanno partecipato in questi anni oltre 70.000 studenti. In questa regione, siamo una comunità che quando serve si dimostra coesa e imbattibile: ecco, contro le mafie serve questa unità. Solo insieme potremo contribuire a rafforzare un nuovo impegno contro le mafie fatto di buon go- verno della cosa pubblica, buona economia, innovazione e investimento nella cultura, nel welfare e nella partecipazione dei cittadini.


 Scarica il VI e VII Rapporto Mafie nel Lazio

(dal sito della Regione Lazio, 20 ottobre 2022)

Presentato il VI° E IL VII° Rapporto “Mafie nel Lazio”dal Presidente Nicola Zingaretti insieme a Lorenzo Tagliavanti Presidente della Camera di Commercio di Roma, Ilaria Calò, Procuratrice Aggiunta della Direzione Distrettuale Antimafia-Roma, Col. Roberto Prosperi , Comandante del Gruppo Analisi e Relazioni Operative del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della GdF, Col. Gianluca Valerio, Vice Comandante del ROS, Prefetto Francesco Messina,  Direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato e Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio.

Il volume presentato  è il resoconto, rigoroso e documentato, delle principali inchieste giudiziarie sulle organizzazioni criminali nel Lazio  relativo al periodo  2020/ primo semestre 2022. Nelle indagini prese in esame in queste due edizioni del Rapporto emergono con maggiore chiarezza alcune caratteristiche sulla dinamicità delle famiglie mafiose: un’evoluzione storica del modello, un salto di qualità nell’agire delle mafie tradizionali nel Lazio che va dalla “testa di ponte”, ossia dal mero investimento in attività commerciali, alla delocalizzazione delle strutture criminali, fino alla stabilizzazione della cellula con l’importazione nel Lazio del metodo mafioso, come dimostra la scoperta della prima “locale” di ‘ndrangheta istituita all’interno della città di Roma come propaggine della mafia calabrese.

Insieme a queste proiezioni sullo stesso territorio coesistono, inoltre, gruppi criminali autoctoni che danno vita a vere e proprie associazioni mafiose ma anche organizzazioni che, pur non rientrando nel profilo penale del 416 bis, sono egualmente pericolose perché accomunate dall’utilizzo del metodo mafioso. Da una parte le mafie tradizionali, dall’altra i gruppi romani autoctoni; ad accomunarli la ricerca di relazioni per contaminare il tessuto economico. Tali differenti realtà si trovano a interagire tra loro. 
Riciclaggio, traffico di droga anche internazionale, investimento di capitali illeciti, gioco d’azzardo e usura, ma anche false fatturazioni ed evasione dell’Iva sono solo alcuni degli ambiti di azione delle mafie a Roma. 

Zingaretti ha affermato che “Le mafie sono la negazione dei diritti. Opprimono, spargono paura, minano i legami  sociali, esaltano l’abuso e il privilegio, usano le armi del ricatto e della minaccia, avvelenano la vita economica e le istituzioni civili.
Lottare contro la mafia non è soltanto una stringente e, certo, doverosa esigenza morale e civile. È anche, quindi, una necessità per tutti: lo è, prima ancora che per la propria sicurezza, per la propria dignità e per la propria effettiva libertà. Una necessità per la società, che vuole essere libera, democratica, ordinata, solidale. Per questo motivo, la lotta alle mafie riguarda tutti. Nessuno può dire: non mi interessa. Nessuno può pensare di chiamarsene fuori. È un compito che riguarda ciascuno di noi: nell’agire quotidiano, nei comportamenti personali, nella percezione del bene comune, nell’etica pubblica che riusciamo ad esprimere. 

Cioffredi conclude” Dal monitoraggio in questo Rapporto  emergono una molteplicità di forme criminali che ormai caratterizza il contesto criminale laziale rendendolo unico rispetto ad altre regioni considerate “non a tradizionale presenza mafiosa”. Alla documentazione anche quest’anno il Rapporto affianca alcuni numeri dello straordinario lavoro delle Forze di Polizia e della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma ai quali dedichiamo la nostra pubblicazione. Nel triennio 2019-2021 gli indagati per associazione mafiosa sono stati nella nostra regione 544 persone mentre gli indagati per reati aggravati dal metodo mafioso sono stati 1992 persone e gli indagati per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga ben 5945. Nel Lazio solo nel 2021 sono state 3471 operazioni antidroga che colloca la nostra regione al secondo posto per operazioni mentre Roma è al primo posto. Le operazioni Finanziarie sospette registrate da Uif Bankitalia sono passate da 14329 del 2020 a 17236 del 2021, numeri che configurano Roma come capitale del riciclaggio. Così come poderosa è stata l’attività in questi anni di confisca e sequestri con ben 5200 immobili e 1040 aziende . Numeri che esaltano il lavoro degli investigatori cosi come caricano di responsabilità tutti gli attori sociali e istituzionali”  

23 ottobre 2022

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

vedi anche:

Elezioni politiche 2022: Mafie e corruzione – programmi a confronto -6 Settembre 2022 Continua#

vedi i precedenti rapporti:

Legalità: il V° Rapporto Sulle Mafie Nel Lazio

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(Dal sito della Regione Lazio 06/10/2020) LEGALITÀ: ILLUSTRATO IL V° RAPPORTO SULLE MAFIE NEL LAZIO  Il volume, come ogni anno, intende fornire un quadro d’insieme sulla presenza delle mafie nella…

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